Adattamenti fisiologici all'alta quota
Ritmo circadiano e conseguenze sulla prestazione e il monitoraggio dell'atleta
Ciclo di sonno/veglia: come il sonno influisce sulla prestazione
Molte delle maggiori competizioni si svolgono a latitudini risultanti in un clima caldo ed umico, si pensi alle olimpiadi di Rio de Janeiro (2016) (temperatura: 21-30 C°, umidità media: 35-40%) o a quelle che avrebbero dovuto disputarsi a Tokyo (2020) (temperatura: 24-31 C°, umidità media: 70%). Gli atleti d’élite che provengono dai paesi del Nord devono necessariamente effettuare un periodo di acclima(ta)zione a questi ambienti in quanto questa temperatura riduce la prestazione sia di breve che di lunga durata (281). Inoltre, la resistenza al clima caldo e umido è anche necessaria per chi opera in scenari di guerra (280). Si sa, però, che meno del 15% degli atleti partecipanti al campionato mondiale di atletica in Beijing (Cina) nel 2015 hanno effettuato un qualsiasi tipo di protocolli di acclimazione per vari motivi tra cui uno rilevante è il costo del pernottamento in loco prima della competizione (282). Quando si parla di esposizione al caldo e all’umidità si distingue tra acclimazione e acclimatazione. La prima parola si riferisce all’esposizione ad alte temperature e umidità in ambienti artificiali o laboratori, mentre con la seconda si indica l’esposizione alle condizioni naturali di estreme temperature