INTRODUZIONE
Definizione. La variabilità della frequenza cardiaca (HRv) è il tempo intercorso (in millisecondi) tra due fasi di depolarizzazione ventricolare (onda R del tracciato ECG). L’HRv è in stretto rapporto con il sistema nervoso autonomo (SNA), respiratorio (frequenza respiratoria, scambi gassosi), immunologico, metabolico (intestino) e cardiovascolare (cuore, tono vascolare, volume plasmatico, pressione sanguigna) (8,9).
HRv & prestazione. Gli atleti mostrano un grado di variabilità cardiaca (vagale) maggiore rispetto alla popolazione non atletica, che a loro volta sono migliori dei soggetti clinici (14,15). In altre parole, le variabili che riflettono il tono parasimpatico sono migliori nei soggetti allenati perché sono in relazione con il loro stato di condizionamento aerobico (16). Si sa che un aumento della variabilità cardiaca vagale in soggetti poco allenati o amatori è positivamente correlata con un aumento del massimo consumo di ossigeno, mentre ciò non è detto che possa avvenire negli atleti d’élite, dove la HRv (parasimpatica) può aumentare senza modifiche nel VO2max (17) o può ridursi in presenza di un aumento dello stesso (18).
HRv & salute. Un alto livello di variabilità cardiaca vagale riflette uno stato di predisposizione all’adattabilità verso le situazioni stressanti esterne all’organismo e, quindi, dimostra uno stato salutare, mentre una modesta variabilità è indicatrice di una riduzione della capacità di fronteggiare gli stress (compreso il carico di lavoro e l’attività sportiva in ogni sua forma) o una patologia (19). Infatti, l’HRv parasimpatica bassa è un forte e indipendente previsore di problemi futuri di salute e di tutte le cause di mortalità (20,21). L’HRv può anche essere applicata come tracker della salute psicologica (22) e delle risposte alla vita sociale (23), infatti riflette pazienti con ansia e depressione (24-26).
Rappresentazione del tracciato ECG di due battiti cardiaci consecutivi. Tratta da Laborde et al., (2017) (65).