L’attività fisica (competitiva, ricreativa ed adattata) è considerata come il miglior trattamento non farmacologico per prevenire, ma anche combattere, malattie cronico-degenerative (1); permette, inoltre, di migliorare la qualità della vita quotidiana (ADL) (2); promuove un cambiamento positivo nella sfera psicologica (3,4) così come consente di socializzare ed includere in un gruppo (5). Tutti questi enormi benefici non sono possibili se l’attività fisica (AF) non è accessibile alle persone con disabilità (motorie, psichiche, intellettive e sensoriali), di conseguenza, è necessario comprendere come permettere una reale inclusione di questa categoria di persone all’interno dei progetti di AF.
L’articolo di Palumbo, C., Ambretti, A., e Scarpa, S. (2019) ha voluto investigare il ruolo della pratica dell’attività sportiva nella percezione del sé corporeo in soggetti con disabilità motoria. L’osservazione principale su cui verte la trattazione è che l’utilizzo dell’esercizio fisico in soggetti con disabilità permette di migliorarli la vita, sia dal punto di vista della sfera psicologica (autostima, autodeterminazione, ecc.), sia dal punto di vista relazionale.
La pratica sportiva è sempre stata vista come un qualcosa di spettacolare e prestativo, ad esempio, si prenda come riferimento le emozioni che suscitano le gare delle Olimpiadi per normodotati. Solo recentemente l’utilizzo del corpo è stato valutato come strumento dalle grandi potenzialità inclusive. Infatti, l’AF permette alle persone che la praticano (normodotati e disabili) di aumentare il benessere psicologico (mental health) che comprende sia la riduzione di disturbi come ansia, stress, depressione, sia un miglioramento delle relazionali inter/intrapersonali e dei comportamenti pro-sociali. Inoltre, attraverso la motricità si riesce a scoprire la propria corporeità, ovvero conoscere il proprio corpo in movimento, e come esso è in grado di plasmare e creare movimenti negli oggetti. Tutto ciò non avviene solo nei primi anni dalla nascita, ma si può ottenere per tutto l’arco della vita proprio come una costante capacità di imparare (lifelong learning). Inoltre, l’AF strutturata permette di potenziare le capacità cognitive con un aumento della prestazione scolastica (6).
La disabilità riduce la consapevolezza delle potenzialità del proprio corpo. Infatti, un disabile, specialmente motorio, ha una limitazione o una meccanicità alterata dei movimenti che sono dovuti alla sua condizione. Questa riduzione dell’armoniosità dell’agire, contestualizzata in un mondo di “movimenti fluidi ed ideali” si riflette in una diminuzione della percezione del sé corporeo con una conseguente limitazione delle interazioni sociali con un gruppo di pari (7). Come ulteriore deriva, si ha un aumento dell’insicurezza e dell’autoemarginazione in quanto è il soggetto stesso che si sente inadeguato ad un mondo perfetto con il rischio che il disabile entri in un circolo vizioso in cui si svaluta ulteriormente e in maniera maggiore rispetto a ciò che è, ciò che sa fare o ciò che sarebbe in grado di eseguire (sviluppo potenziale sotto la guida di un esperto).
Questo circolo vizioso può essere interrotto dalla pratica dell’attività fisica. Infatti, l’AF strutturata permette una modificazione delle capacità condizionali dell’individuo (aumento della forza, mobilità, resistenza e potenza) e della sua composizione corporea (in particolare una riduzione della massa grassa a favore di un aumento della massa magra). Tali modificazioni permettono di svolgere le attività della vita quotidiana e gli imprevisti con meno sforzo e possono aumentare la propria stima di sé e del sé corporeo con una maggior autostima ed autodeterminazione (resilienza) (8). Da questo cambiamento fisico e mentale si assiste ad un incremento dell’interazione sociale quotidiana con gli altri individui.
Gli autori concludono mostrando l’esempio di un progetto inclusivo del Comitato Olimpico Nazionale Italiano del 2017 chiamato “Manifesto per lo sport e l’integrazione – la vittoria più bella”. In questo progetto gli immigrati di seconda generazione sono sportivamente equiparati (inclusi) ai cittadini italiani ai fini sportivi, potendoli, quindi, far rappresentare l’Italia nelle competizioni internazionali.
La cultura del movimento corporeo è interessata a livello comunitario da due articoli. A livello internazionale è l’articolo 30 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (2006) dal titolo “Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport” che dichiara che gli Stati Parti devono “riconoscere il diritto delle persone con disabilità a prendere parte, su base di uguaglianza con gli altri, alle attività ricreative, agli svaghi e allo sport attraverso misure di incoraggiamento e promozione della partecipazione” così come “garantire che abbiano a disposizione gli stessi strumenti e mezzi dei normodotati”. Inoltre, l’articolo 1 della Carta Internazionale per l’Educazione Fisica, l’Attività Fisica e lo Sport (UNESCO, 1978) sancisce che la pratica dell’educazione fisica, dell’attività fisica e dello sport è un diritto fondamentale dell’uomo. Nonostante queste direttive comunitarie, da una recente indagine statistica, si conosce che in Italia la gravità delle limitazioni (o disabilità) è correlata con la pratica di attività sportiva nella popolazione sopra i 14 anni (36.6% vs 20,5% vs 9,1% rispettivamente nei normodotati, leggermente e gravemente disabili) (9). Questa disparità di partecipazione all’attività fisica nelle categorie protette permette la speculazione che, ad oggi, la strada da percorrere nella reale inclusione extrascolastica (ma anche scolastica) sia ancora molto lunga.
Se l’attività motoria è così tanto tutelata (almeno sulla carta) è perché i suoi benefici sono in ogni campo (fisiologico, psicologico, prestativo, relazionale e sociale, culturale, emotivo e personale), ma in questa breve trattazione sono approfonditi solo quelli relativi alla “sfera mentale” e relazionale. Tramite l’AF si ha una riduzione dello stress, dell’ansia e della depressione; un aumento dell’autostima, della fiducia in sé stessi e dell’autoefficacia; il disabile “matura” plasmando il carattere e la propria personalità (10). Si impara ad essere autonomi nelle decisioni e la conseguenza delle stesse, in particolare se il soggetto è inserito in un contesto cooperativo (gioco a squadre); inoltre sviluppa l’autodisciplina, l’autodeterminazione e l’autoconsapevolezza dei propri limiti. Nel campo della sfera sociale i momenti di aggregazione motoria consentono di avere un’interconnessione positiva con le altre persone (gruppo di pari, tutor, ma anche genitori, spettatori e giudici). Inoltre, in questi contesti, i disabili sono invogliati a comunicare con il mondo esterno e si specula che chi pratichi AF abbia maggiori relazioni rispetto a chi sia sedentario (11).
Per rendere l’AF accessibile ad ogni persona con disabilità è stata creata l’”attività fisica adattata”; essa è la personalizzazione delle attività motorie in base alle difficoltà individuali e ai contesti. Per fare ciò è necessario un istruttore qualificato con competenze sia pedagogiche che motorie il cui fine ultimo è quello di includere negli esercizi sia normodotati che disabili. Per ottenere una lezione motoria realmente inclusiva (e non a partecipazione ristretta e segregata (12)) in Italia, nel 2003, è stato inventato lo sport del Baskin (Integrated Basketball). È stato così tanto acclamato dai pedagogisti che è identificato in letteratura scientifica come “la miglior pratica di inclusione” da Florian Kiuppis (13). Ciò avviene grazie ad un processo chiamato “reverse integration” in cui i disabili sono in maggioranza rispetto ai normodotati (14) e ci sono, da regolamento, spazi di gioco accessibili e movimenti possibili dedicati ad ogni categoria di partecipante (15). Nel caso si volesse effettuare un’indagine sulla percezione (tramite osservazione) dell’inclusività di una lezione di educazione motoria si può utilizzare la scala “Lieberman Inclusion Rating Scale for Physical Education” (LIRSPE) (16).
1. Riferimenti bibliografici
1. Fiuza-Luces C, Garatachea N, Berger NA, Lucia A. Exercise is the real polypill [Internet]. Vol. 28, Physiology. American Physiological Society Bethesda, MD; 2013 [cited 2021 Jun 20]. p. 330–58. Available from: www.physiologyonline.org
2. Roberts CE, Phillips LH, Cooper CL, Gray S, Allan JL. Effect of Different Types of Physical Activity on Activities of Daily Living in Older Adults: Systematic Review and Meta-Analysis. J Aging Phys Act [Internet]. 2017 Oct 1 [cited 2021 Dec 23];25(4):653–70. Available from: https://journals.humankinetics.com/view/journals/japa/25/4/article-p653.xml
3. Mandolesi L, Polverino A, Montuori S, Foti F, Ferraioli G, Sorrentino P, et al. Effects of physical exercise on cognitive functioning and wellbeing: Biological and psychological benefits. Front Psychol. 2018 Apr 27;9(APR):509.
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9. Istituto Nazionale di Statistica. Conoscere il mondo delle disabilità: persone, relazioni e istituzioni [Internet]. ISTAT, editor. Roma; 2019 [cited 2021 Dec 24]. Available from: https://www.istat.it/it/files/2019/12/Disabilità-1.pdf
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13. Kiuppis F. Disability inclusion in sport for all: Baskin as a best practice model. In: Research Handbook on Sports and Society [Internet]. Edward Elgar Publishing; 2021 [cited 2021 Jun 20]. p. 291–306. Available from: https://www.elgaronline.com/view/edcoll/9781789903591/9781789903591.00031.xml
14. Hutzler Y, Chacham-Guber A, Reiter S. Psychosocial effects of reverse-integrated basketball activity compared to separate and no physical activity in young people with physical disability. Res Dev Disabil. 2013 Jan 1;34(1):579–87.
15. Magnanini A, Moliterni P, Ferraro A, Cioni L. Integrated Sport : Keywords of an Inclusive Model Integrated Sport : Keywords of an Inclusive Model. 2018;(November).
16. Lieberman LJ, Grenier M, Brian A, Lieberman LJ, Grenier M, Brian A, et al. How Inclusive Is Your Physical Education Class? Introducing the Lieberman/Brian Inclusion Rating Scale for Physical Education. 2019;3084.
17. Hutzler Y, Sherrill C. Defining Adapted Physical Activity: International Perspectives. Adapt Phys Act Q [Internet]. 2007 Jan 1 [cited 2021 Dec 24];24(1):1–20. Available from: https://journals.humankinetics.com/view/journals/apaq/24/1/article-p1.xml